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Aratariel
PROFILO INATTIVO (dal 2021-01-24)
Grado Allievo
‹ ─ Non devi mai guardarti indietro e devi combattere per ciò che veramente sei ─ Non devi aver paura di niente && avere sempre il coraggio per andar avanti! ›

GDR: Free Gdr

Categoria: Urban fantasy

Prestavolto: Clarke Emilia


───────────────

«Penso d’iniziare la mia storia con un dolce saluto, il mio nome e la mia specie la conoscerete col tempo a lungo andare / sono piuttosto riservata /ma ora capirete il significato, è la notizia la scoprirete man mano che imparerete a conoscere il mio carattere. »

Essa appartiene al mondo marino. Aratariel è figlia di Tritone, sovrano di Atlantide. Tutti conoscono la leggenda, ma chi vuole sapere la verità? Molti secoli prima il Re aveva creato un’altra creatura Marina e nominandola Custode delle Acque blu: n’era, anzi, era divenuta la Custode del Mare. Era diventata una protettrice degli abitanti marini, aveva avuto il compito di proteggere ogni creatura, e avere un tale onore non sempre portava gioia, il pericolo era sempre troppo vicino. Affrontare molto creature non era mai stato semplice, essendo anche alle prime armi della sua fonte. Eppure, salvare tutte quelle persone le metteva sempre un senso di gioia. Era onorata di tutto ciò. Era onorata, orgogliosa, era sempre stata così pura. Tritone le donò un’arma, la lama argentata, era un’arma decisamente potente, che poteva sempre trovare una guida sulla salvezza. Era un suo dono. Molto spesso s’era trovata in pericolo, ed aveva sempre avuto il soccorso bisogno d’aiuto di suo padre, essendo così giovane, soprattutto perchè non aveva mai accettato l’idea di combattere e soprattutto non aveva mai accettato la violenza. Viveva una strana creatura negli abissi, una creatura che aveva sempre seminato il male più assoluto, aveva ucciso i suoi fratelli, aveva sempre tentato di violentarla, uccidendo anche una delle sue sorelle, aveva decisamente commesso molti peccati e tutto ciò non era mai finito. Infatti venne a scoprire ch’era suo fratello, decisamente un traditore. Cacciarlo, non era mai stato facile sconfiggerlo, anche se per molte lune aveva sempre desiderato farlo ragionare e conoscerlo come una sorella. Era stato così, da parte sua, Aratariel voleva conoscere suo fratello. Ma il Mare non glielo permetteva mai, era come se il Mare riusciva sempre a controllare i suoi pensieri. E molte volte era sempre stata allontanata dal Regno del Malvagio, non lasciandola avvicinar ad essi, suo padre era sempre stato protettivo, tanto che da non farle conoscere il sangue del suo sangue.




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«T-ti prego, l-lasciami andare.... »
Si sente sollevata dal terreno, sente il proprio corpo bruciare, si sente violata, non ha la forza, non ha la forza di reagire, fa troppo male. Il sangue le cola dalle cosce, sente la propria intimità bruciare, sente il proprio corpo fremere, sente la schiena sanguinare. Un’altra spinta e subito sobbalzò all’indietro, fa davvero tanto male, si sente continuamente frenata da quelle mani, sente le mani dello straniero continuarle a sfiorar il candido seno ed il corpo. Le bacia continuamente il collo, le fa totalmente schifo, vuole agitarsi e scappare ma; la stringe di più, quasi a soffocarla, allargandole un’altra volta le cosce, disturbandole violentemente l’intero corpo. Il suo corpo e la sua intimità avevano subito una violenza continua. Era stata schiaffeggiata continuamente, il suo volto era colmo di lividi viola, le ha graffiato il ventre. Il suo sangue, continuava a bagnarle la veste bianca, provandoci ancora a violarla un’altra volta. Il dolore, l’aveva anche legata contro una parete, in modo che non potesse sfuggirgli, non riesce a guardarlo esattamente in volto, ricorda semplicemente due occhi verdi accesi. L’ha violentata, l’ha violata, tutto ciò era successo all’improvviso, adesso era costretta a subire la sua violenza... e ancora, continua a scalciare, continua a ribellarsi, continua ad urlare, continua a disperarsi.
Lo avverte, sente che non appartiene al mondo umano, sente la sua voce sussurrata all’orecchio dirle ’’Dov’è, dov’è... ’’. I propri sensi lentamente iniziano ad abbandonarla. Nelle sue iridi, così cristalline e limpide, simboleggiando di non aver nessun peccato, iniziano a lacrimare, Ara sta piangendo silenziosamente, sentendo quella voce stridula riderle addosso. Questa volta è sicura di non liberarsi più dalla sua presa.
Una giovane vita, ancora innocente, mandata a morire e stata appena violata da uno sconosciuto, cercando di farla confessare. Ha il voltastomaco. Se Tritone l’avesse avvertita, vorrebbe urlare ma non c’ha nemmeno la forza di quella. Se solo potesse tornare indietro, non avrebbe dovuto mettere piede in quella grotta. Dopotutto non poteva essere salvata, nessuno l’avrebbe salvata da tale dolore. I suoi pensieri si aggrapparono ad una sola speranza, anche se di speranza n’era rimasta davvero molto poca, ormai il danno era stato ben che fatto.
Sta ferma. Non si muove più. S’era totalmente arresa da quella condanna a morte, s’era resa al fatto che continuava ad approfittarsi di lei. Agitare come una dannata non le avrebbe dato sollievo, doveva pensare, doveva soprattutto recuperar le proprie forze. Chi le rassicura che l’avrebbero salvata? Che qualcuno l’avrebbe portata via di lì? È una paura costante dalla quale non riesce a separarsi, è un punto interrogativo fisso che non può far a meno di avere. Lo scenario cambia con un’eclissi, un’esplosione che per un istante la priva della vista.

Ara non aveva mai subito una tale violenza, non sapeva nemmeno il significato di perdere la verginità, adesso quel mostro le aveva rovinato il momento più bello della sua vita, che schifo. Sprofonda nel più tenebroso oblio dell’infinito. Era meglio rimanere sirena, almeno non avrebbe subito uno s t u p r o.
E’ questo di ciò che l’avvertiva sua sorella? Certo che avrebbero potuto dimostrarsi molto più utili di adesso; si sente tirata, sente la sua pelle graffiata, sente il bruciore all’interno, sente che continua a chiamarla, sente il rimbombo della sua voce disturbarle violentemente la mente. Viene stretta un’ultima volta, sollevata ancora dal terreno, quelle mani schifose le sfiorano un’altra volta le cosce, le labbra ruvide, s’appoggiarono contro le sottili della donna... il buio totale. Cerca di sfuggirgli; il corpo dolente, la veste completamente zuppa di sangue e terra, si trova in una pozzanghera di fango, il respiro le viene a mancare, il corpo trema come una foglia, ogni minimo movimento le procurò dolore. I raggi del sole lentamente svaniscono alla sua vista, mentre, il mare, la reclama a se’.

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⭐️

Il destino si rivela sempre così crudele, le foglie secche ormai stavano cadendo al suolo e questo era simbolo che l’autunno stava finendo, stava avanzando man mano l’inverno. Il gelo lentamente iniziò ad accarezzarle il pallido volto, iniziando a sentire la pelle d’oca sulla sua stessa pelle e anche il vento scompigliarle i capelli, sopra il cielo ogni tipo d’animale volatile stava prendendo il volo alla ricerca d’un riparo, si stava espandendo dappertutto, e l’inverno faceva il suo percorso, la stessa sensazione di quando la neve s’appiccicava ghiacciata al suolo e ogni vita umana non poteva uscire dal loro territorio, soltanto Ara aveva avuto quel coraggio, nessuno mai, nessuno mai aveva avuto il coraggio di seguirla e soprattutto di seguire il suo percorso, ed adesso doveva affrontare la propria battaglio da sola. Petali di rosa bianca vennero lanciati, lentamente stava avanzando verso la capanna, dentro era tutto abbellito di fiori bianchi e anche delle candele che illuminarono la stanza, e in più era servito un mini banchetto con servito già in un calice del buon vino fresco ed era simbolo di benevolenza da parte del popolo, aveva appoggiato la mano sul calice argentato e ne accarezzò lentamente i zaffiri attaccati ai bordi del calice e ne sentì l’odore dolce del vino, provando a berne qualche sorso -sentendo il sapore roseo del frutto della passione del ribes - pensando pesantemente a ciò che non avrebbe potuto salvare e non ci sarebbe mai riuscita malgrado la voglia c’era, ormai ogni scelta era cambiata. Nondimeno avrebbe potuto accontentare il proprio padre per un suo ordine e Aratariel era l’unica sola, non aveva nessun cavaliere che poteva proteggerla e nè tantomeno una persona accanto, aveva dovuto cavarsela pienamente da sola e dio solo sa cosa sarebbe potuto succedere a tali conseguenze, che quel cosmo d’incantesimo doveva cessare, attirando la propria attenzione sul proprio nemico, portandolo così ad una morte misera e soprattutto lontano da coloro che vivevano in pace e, Ara avrebbe dovuto sconfiggerlo fino all’ultimo, senza guardarsi le spalle.

La stessa malinconia la stava provando lei in quel momento, dopotutto, la notte stava terribilmente calando molto in fretta e il freddo si stava avvicinando sempre di più, stava per arrivare una bufera di neve, e senz’altro per tutta la notte non avrebbe potuto mettere fuori il piede da quella capanna, non poteva rischiar quel gelo, non avrebbe voluto trovarsi congelata, ed a ogni modo se la sarebbe anche cavata da sola, ma il chiodo fisso era sempre innescato nella sua testa, sentiva sempre il bisogno d’aiuto, soprattutto l’aiuto di suo padre, colui che l’aveva lasciata, colui che non aveva avuto il coraggio d’aiutarla, o, magari, avrebbe potuto fare senz’altro qualcosa per lei, ma la testardaggine porta alla codardia, ecco, adesso l’aveva pensato.

Immobile e con il busto dritto, lentamente i suoi pensieri andarono oltre le sue idee aveva avuto un presentimento diverso, d’un tratto la luna sembrava scomparire all’improvviso sentendo l’ululato di un lupo affamato costretta a stare immobile, o di mantenere la calma, ed incupiva la policromatica ed dolcemente stava iniziando a sentire il richiamo del vento che cullava gli alberi, sentendo anche il vento fischiare fortemente, sospira, sentendo il proprio corpo riscaldarsi molto lentamente, notando la fiammella di fuoco accesa, e quasi venne incantata da quella fiamma che scoppiettava ogni tanto, sentendo sempre di più il vento cantare fortemente e sentendo anche i lupi avvicinarsi, con quanto coraggio s’eran avvicinati alla capanna, poi, a dire il vero, si sentiva stranamente al sicuro, non si sentiva esattamente sola.

Il suo cuore rappresentava la purezza, da quando aveva lasciato andare la sua cara madre essa non era più quella di prima ed infatti caratterialmente era davvero cambiata, da quel giorno, il tempo ormai s’era spezzato insieme ad ogni tipologia di speranza- o più meno qualcosa di simile-inciampando per la prima volta in una trappola alla quale non avrebbe avuto più scampo, in un pallido fosco mattino di una forte tempesta, Ara avrebbe dovuto mettersi in marcia. Avrebbe dovuto mantenere la piena calma, da quando in quella città s’era dispersa, essa aveva paura di non raggiungere il portale, se non addirittura non fare più ritorno, che tanto non avrebbe avuto più una via d’uscita e non avrebbe potuto più recuperar se’ stessa, e adesso avrebbe dovuto affrontare la parte oscura di se’, doveva cavarsela, doveva mettercela tutta, assolutamente. Non doveva arrendersi in quel momento, non doveva cedere proprio ora, anche se sentiva il suo corpo letteralmente debole come non mai, aveva paura di essere di nuovo violata, aveva paura di tutto in quel momento, con lei non ci sarebbe restato nessuno.




TESTO


Apre lentamente gli occhi e ripensa a come avrebbe condotto la sua vita. Lentamente una mano andò a sfiorarle la pelle, era sua padre che l’accarezzò dolcemente; aveva saputo quello che aveva subito sua figlia, e con ciò n’era rimasto profondamente avvilito. Aveva promesso alla sua prediletta che non l’avrebbe più messa in pericolo, avrebbe dovuto mandarla in un posto sicuro e l’avrebbe dovuto proteggere fino all’ultimo. Si trattava di un’impresa molto difficile, doveva darle tempo per prepararsi, eppure...
«Ara... »
«Padre?.... »
Una lunga pausa. Non ci sarebbe riuscito a dirglielo in faccia, non avrebbe voluto permettere che la sua figlia dovesse partire, ma ill suo compito era quello di proteggerla. Era sempre stato orgoglioso dell’incredibile forza di sua figlia, ma il male regnava anche in Atlantide; lo strano rumore del fruscio delle onde stava aumentando e presto una tempesta avrebbe bussato alle porte. Iniziò a muovere lentamente la coda che aveva, mosse la coda con una forza e lentamente sgusciò via dal corallo. Aveva paura. Continuava a muovere fortemente la propria coda, nuotando silenziosamente affianco al proprio padre. Il male non dormiva davvero mai; sebbene il sole fosse ormai calato da diverse ore, le fucine del mostro marino non smettevano mai di espandere il sangue di qualcuno. Sapeva benissimo che doveva partire, forse v’era una spia tra le guardie di Atlantide che avevano informato il nemico del piano di Tritone. Tremò Ara al sol pensiero, immaginando la fine del proprio popolo. Le sue sorelle erano profondamente confuse da ciò, dovevano salutare la loro piccola sorella, e avrebbero dovuto combattere anche loro.
❝Sai in guardia Ara, mi raccomando. ❞ Rispose la sorella maggiore, appoggiando la fronte contro la sua. Per la prima volta aveva avuto l’affetto di una delle sue sorelle, il piano di Tritone avrebbe dovuto funzionare alla perfezione.
Il tempo adesso per riprendersi una conversazione con sua sorella non poteva avercelo, doveva assolutamente allontanarsi da lei, ma sicuramente sarebbe tornata dalle sue sorelle. E quando spezzò l’abbraccio, Ara riprese a nuotare verso la superficie dell’Oceano. Poteva notare i raggi della Luna sfiorarle il volto, più si stava avvicinando, più sentiva il rumore delle onde, era tutto maestosamente magnifico.
«Buon Viaggio, Ara.»
Sussurrò lentamente e preoccupato il loro padre. Mise la nuca fuori dall’acqua e notò le onde del mare abbastanza agitate, essa per un’attimo ne rimase pietrificata per la vista ma poco a poco iniziò a nuotare verso la riva.
«Non fallirò padre caro e nessuno mi fermerà; non voglio fallire in codesta missione» Argomentò, portando entrambe le mani in avanti per toccar la cima della sabbia bagnata. Iniziava a far freddo; o forse, non essendo per niente abituata all’ambiente, essa avrebbe dovuto assolutamente ritrovare un riparo.
«Comunque vada, non ti fallirò padre.»


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H ᴏ ᴛ /R ᴏ ʟ ᴇ / +18

→ Ƥɾєƨєɲƭ :
Oramai s’era spogliata davanti allo specchio della verità, continuando a guardarsi intorno e lentamente si diresse verso l’immensa vasca.
Nuda, spoglia dalla propria veste. Aveva deciso di non tornare a casa propria, voleva a tutti i costi mandare avanti la propria missione. Fu un grande sollievo liberarsi da parecchi pensieri e riuscire a superarli, soprattutto per l’albina che ebbe modo di conoscere -fino infondo - il proprio destino, che si stava presentando come ultima chance. Aveva impedito la propria trasformazione, era riuscita a controllare quella piccola voglia di trasformarsi. Voleva abbracciar suo padre, voleva essere presente -abbracciare le proprie sorelle - ed riuscire a conquistare di nuovo la loro fiducia. Un’occasione più che rara, ma non era solo quello: voleva rimediare l’argomento di quando l’ebbero incolpata d’aver ucciso sua madre. Dopotutto tutti meritano una seconda possibilità, no? Essa si meritava d’essere perdonata, si meritava di far parte di nuovo della propria famiglia, e stavolta non avrebbe dovuto mancare il colpo.
Lentamente avanzò nudo in direzione della vasca, appoggiando il piede sull’ultimo scalino. Poco dopo si diede una lieve spinta per immergere tutta la gamba immersa nell’acqua, sentendo l’acqua leggermente troppo calda. Insomma, essendo una sirena essa non era abituata a ciò: non era abituata a farsi un bagno. Ara non s’era risparmiata, seppure la tentazione era davvero molto forte, ma in ogni caso non avrebbe potuto trasformarsi dentro una vasca da bagno.
Il suo corpo è splendido, morbido, sensibile e fragile al tatto con quanta cura poteva avere per il proprio corpo -quello, infondo, era la sua pelle naturale, Ara, era l’unica donna al mondo a possedere un corpo così minuto e delicato. Finalmente riuscì ad immergere il proprio corpo in acqua, adagiando con fare rilassato il capo a bordo della vasca.
«Mia signora serve aiuto? Volete che vi massaggi il corpo?» Nonostante la fastidiosa luce che raggiunge le palpebre chiuse di Ara, facendola involontariamente voltarsi dall’altra parte, ella lentamente scosse il capo e fece cenno di lasciarla sola, voleva restarsene da sola e riflettere sul da farsi. La testa le scoppia come non mai e dalla sera precedente non ricorda nulla, segno del fatto che qualcuno l’aveva completamente portata al bere alcolici. Non è stata per niente una sua intenzione farlo, ma doveva scoprire ciò che stava accadendo, era come se il suo corpo si stava trasformando pian piano in un’essere umana, ed in ciò aveva una paura infinita. Ricordava quella sensazione, sentiva il proprio corpo indebolirsi ogni santa ora, sentiva il proprio potere abbandonarla poco a poco. Una parte di se’ aveva iniziato ad assimilare un comportamento strano, alle volte aveva la strana sensazione d’aver paura dell’acqua, troppo tempo stava passando lontana da casa. Doveva tornarsene a casa. Non ricordava come utilizzar il proprio dono e, questo non andava bene, doveva ricordarsi il suo nome, doveva ricordarsi chi era lei veramente. Si volta dal lato opposto, in modo che i raggi del sole non le sfiorano la pelle, iniziando a rilassar la sua mente, non pensando assolutamente al peggio che l’aspettava.

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