Don’t get too close, it’s dark inside.
C
eruleo è il cielo, non una nuvola alcuna vi si scorge tra le sfumature metalliche, azotate e litiose al di là della finestra della sala da pranzo che sfoggia con la più audace disinvoltura lunghi drappi rosa antico di seta pregiata, costosissima e sartoriali, ancora nessun alito di sole, è quasi estate.
Danzano leggiadre le rondini nell’aera qua e là da un nido all’altro, funamboli eolici di un circo naturale, lo spettacolo è già iniziato e durerà, ancora, per diverso tempo, uno spettacolo senza biglietto e senza una destinazione precisa ma e previsto decisamente ovunque, appuntamento con lui.
È caldo ovunque, una cappa uggiosa e insopportabile intrappola come un cappio, piove una goccia di sudore brillando come una lacrima dalla fronte ancora di una tonalità piuttosto smorta, il velluto non è più indicato per la stagione, un’umida afa piombata improvvisamente senza darmi neanche il tempo di fare il cambio di guardaroba, così velocemente è giunta non aspettando nemmeno il momento del solstizio.
Farfuglio tra me e me continuamente mentre mi adagio sulla sedia della sala da pranzo, con la massima classe, poggio i gomiti sulla tovaglia turchese a colore con le pareti stuccate, tutto per quell’irrispettoso mal di schiena.
Guardo nel fondo della tazza del tè in ghiaccio, sono solita fare così, vediamo cosa mai quest’ultima mi dirà.
I
l destino è a parlarmi.
Lo lascio fare pure, gli presto il mio orecchio.
Mesmerizzazioni ansiolitiche si abbattono come un lampo e due sono le cose: o ti salvi o muori, è tutta una questione della sorte e senza azzardo.
Navigo in un’altra dimensione, il che è altresì arduo da spiegare e meditando, distolgo lo sguardo come per un attimo da quel punto e poi vi ritorno.
Organizzo in concetti, gruppi di parole assemblati e sospesi tutte quante nella mia mente, senza forma: mi migliora la concentrazione, nonostante salga una fitta coltre di nebbia.
Prendo la tazzina verde petrolio ritraente una fantasia floreale giapponese di sakura, bonsai e fior di loto, la afferro dal manico con soli due polpastrelli e vi avvicino il volto, mi viene più facile tutto, nel sollevarla, un colpo secco esplode, un rumore di argenteria, un bacio della tazza tra il piattino bianco e il cucchiaino nero.
Quarzi speziali depositati come detriti di un fiume a un lato della nuova ceramica tutta increspata dal cibo consumato durante la colazione che ormai è appena terminata stalattiti di briciole e polvere di limone e aromi, le lascio con me ancora per poche frazioni di tempo prima di andarle a lavare, vi colgo dentro le mie più assurde e criptiche sinestesie che abbia mai trovato e ne vengo risucchiata.
Rumori indistinti mi distolgono facendomi ritornare fortunatamente e non so se è giusto dirlo alla realtà ed ho un sussulto che mi attraversa e come un proiettile mi dilania nel petto, come un aereo mi passa davanti lasciando la sua scia, mi costeggia e io me ne accorgo, una scia invisibile ma c’è, io la vedo, è evidente, più che mai, più di ogni altra cosa.
Sempre e comunque se si tratta di vera realtà, è qualcosa di veramente incredibile, mi sento frastornata ma sto bene, più che bene, è quello che da sempre aspettavo.
Tutto è diverso adesso, così inspiegabile, mi guardo intorno e sono io ancora intatta anche se tutto in tutti i modi mi sento tranne che tale, sarò ancora io?