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TheBlackDragon
PROFILO INATTIVO (dal 2023-02-25)
Grado Ruolante

GDR: House of the Dragon

Categoria: Conquistatori.

Prestavolto: Hunnam Charlie


Drako Lohar
(real name: Daemon Blackfyre)

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L’inizio e la fine di tutte le cose.
Alaenys

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Dōrī mīvojughagon sparos syt iksā
(Non dimenticare mai chi sei)


Ci sono momenti in cui ricordo ancora come fosse essere Daemon, essere il vecchio me.
A volte pare un sogno lontano, confuso, in cui i contorni ed i volti si sfumano, altre volte emergono dei particolari così vividi che mi rammentano che forse, per davvero, quel tempo c’è stato ed io ero davvero quelli che a tratti ricordo.
Rammento una grande dimora, ricca e sontuosa, a Lys, l’affetto di mia madre, più giovane e forse la più bella figlia dell’Antica ValyriaSerenei Rogare, e l’orgoglio di mio padre, un altro Daemon, dai tratti così peculiari, che non faceva che ripetere che un giorno ci saremmo ripresi il posto che ci spettava, e che io dovevo essere fiero di chi fossi e di quali fossero le mie origini. Sangue di drago, discendente del Drago Nero.
Solo che, ad un certo punto, non c’era più un nome di cui essere fieri, un retaggio da riportare ai fasti di un tempo.
E soprattutto, da lì a poco, non c’era più un padre.
Ricordo fughe nella notte, il nostro bel palazzo dato alle fiamme. Ricordo l’essere braccati, il nascondersi, celare chi fossimo. Ricordo perfino di essere arrivati ad Asshai. Ma non è bastato.
Non ho che memorie confuse di quella notte, di quella dell’assalto, di quella in cui ci trovarono. Non ricordo neppure dove stessimo andando o da dove stessimo arrivando. Però ricordo il fuoco, ricordo il sangue. E mio padre che, mortalmente ferito, mi consegnava la nostra spada ancestrale e restava indietro, io che volevo soccorrerlo, salvarlo e mia madre che mi trascinava via, urlando e piangendo. Perché si deve sempre restare vivi, per combattere di nuovo e vendicarsi domani.

Da allora niente è più stato lo stesso.
Non ricordo dopo quanto tempo e tramite quali giri siamo tornati a Lys, in un bordello di lusso che non avevo mai visto. Ricordo che mia madre disse che dovevo stare al gioco, che sarebbe stato per il mio bene, per tenermi al sicuro e che sarebbe stato per poco, perché lei avrebbe sistemato tutto. E’ sempre stata una donna dalle infinite risorse, mia madre, e dall’incrollabile tenacia.
Mi lasciò quindi con quella che seppi essere mia zia. Talmente identica a mia madre che avrei faticato persino io a riconoscerle, non fosse stato per quella luce diversa ed indomita che animava lo sguardo di mia madre.
Sarei stato il figlio di mia zia Doreah, per il momento, agli occhi di tutti. Suo e di qualche ricchissimo e nobile frequentatore del bordello, che magari in un primo tempo aveva pensato di occuparsi di me ma poi aveva cambiato idea. Perché, in fondo, non è mai così saggio accollarsi il figlio avuto con una prostituta, per quanto bella e rinomata come era mia zia.
Non ero più Daemon ormai. Non ero più un Blackfyre. Quel nome doveva scomparire con mio padre e così venne fatto credere, se volevo sperare di essere al sicuro e sopravvivere.

Dopo qualche tempo, molto più di quello che mi avesse lasciato credere, mia madre tornò a prendermi. Più ricca e sontuosa di quanto ricordassi. La sua bellezza ed il suo ingegno le avevano garantito un nuovo marito, di comodo, Nyestros Vhassyl, forse ancora più abbiente del precedente ed indubbiamente più sciocco. Ottenebrato dal suo fascino e dalle sue arti (che qualcuno definiva oscure), tendeva a concederle qualsiasi cosa lei desiderasse.
E stavolta lei voleva, nella sua immensa magnanimità, occuparsi dello sfortunato figlio di sua sorella. Perché certo, nemmeno lui doveva sapere nulla di me. La farsa doveva continuare. Perché di nessuno ci si può mai fidare davvero, me lo ripeteva ogni volta mia madre, come un mantra.
Era già incinta mia madre e quello sciocco ed ottuso del suo nuovo marito, a dispetto di una sua ostinata severità, non ha saputo dire di no a quel desiderio, a quel dono. Prendersi cura dello sfortunato figlio bastardo della sorella. Io.
Certo, non era affatto come prima. Adesso non ero il principino di casa, l’orgoglio della famiglia, qualcuno da sfoggiare e di cui andare fieri. Ora ero qualcosa da nascondere, da tollerare al massimo o, in attimi di rara empatia, perfino da compatire, per chiunque frequentasse quella casa. Ma mia madre veniva ancora a baciarmi la notte, prima di dormire e mia sorella Alaenys, credo che mi abbia conquistato fin da appena nata. Era carina e gentile con me. Per lei non ero il pezzente reietto che ero per suo padre, per lei ero un rifugio, un complice ed a volte persino un modello.
Nel tempo che ho vissuto in quella casa, mia madre ha insistito affinchè avessi una cultura al pari di quella di mia sorella, di certo esagerata, rispetto al mio presunto rango e ruolo, ed un adeguato addestramento. Suo marito non ha mai capito perché mi avesse tanto a cuore, eppure ugualmente ha accettato. Io non avevo bisogno di capire il perché: i piani di mia madre a me sono sempre stati chiari, benchè non me li abbia mai rivelati.
Intanto il tempo passava e sia io che mia sorella siamo cresciuti. E man mano che crescevamo eravamo sempre più uniti, più inseparabili. E questo agli occhi di quell’uomo, di suo padre, non era concepibile né tollerabile. Non poteva accettare che la sua preziosissima figlia venisse contaminata dalla feccia che io ero, né che perdesse tempo prezioso per crearsi un futuro con il nulla che io rappresentavo.
Stavolta nemmeno tutte le arti di mia madre, né le sue proteste e neppure le sue minacce hanno potuto niente. Lui mi ha cacciato da casa, da un momento all’altro, buttandomi per strada con due stracci e nemmeno un soldo. E poco conta che non fossi grande abbastanza per arrangiarmi da solo, e neanche per sperare di poter trovare un posto magari nella Compagnia Dorata.
Inaspettatamente, mi ha di nuovo accolto mia zia.
E’ incredibile quanti lavori e lavoretti ci siano da fare in un bordello di lusso, dietro all’affascinante facciata rappresentata da quelle bellissime prostitute.
Sono stato sveglio ed attento, ho imparato cose che i percettori di mia madre non mi avrebbero mai potuto insegnare. Ho imparato a stare all’erta, ad essere scaltro, a fare a botte e ad evitarle, quando era più saggio scappare. Ho imparato a cavarmela, a fare affari, non tutti esattamente onesti. Ma poco importa.
Per tutte le donne del bordello ero il figlio che non gli era mai stato concesso di tenere, per me loro erano madri da proteggere, dato che non potevo più farlo con la mia.
E quando ho avuto l’età giusta, c’è stato un posto per me nella Compagnia Dorata. Magari non quello che prospettava mio padre, quando il nostro nome aveva ancora un peso.
Invece ho fatto tutto da solo. Ho scalato i vertici, ho fatto quello che andava fatto ed ancora di più. Non ho mai avuto scrupoli e mi sono guadagnato la fiducia di chi contava. Ho conquistato prestigio e denaro: tutto quello che serviva per andarmi a riprendere mia madre e mia sorella e per prendermi cura di quelle donne che mi avevano accolto e protetto.
Adesso il bordello in cui lavoravano è mio ed è il più famoso e rinomato della città. Faccio affari fiorenti, anche se non esattamente tutti leciti. La differenza tra commercio e contrabbando alla fine è una sfumatura che esiste solo nel momento in cui ti fai beccare. Ed io quello cerco proprio di evitarlo.
Sono un uomo ricco e rispettato, sono quello a cui spesso ci si rivolge quando si hanno dei problemi che vorremmo risolvere e pochi scrupoli nel farlo. Nessuno dei miei servizi è mai a buon mercato ma si può essere certi del risultato, ecco perché sono così rinomato nel mio lavoro. Un lavoro che, per inciso, nessuno può in alcun modo ricondurre a me. La mia arte è tutta lì.
E sono andato a riprendermi mia madre, ovviamente, quando ho potuto garantirle più agi di quelli che le offriva quel suo ottuso marito.
E di certo non ho lasciato nelle sue grinfie quella sorella a cui non ho mai smesso di pensare, che non ho mai smesso di amare. Insano? Può darsi. Ma perché dovrebbe essere immorale per me quando era assolutamente normale per gli altri Draghi, quelli dal colore che la storia ha voluto essere “giusto”?
E lei si è portava via con sè Bloodmoon, la spada di acciaio di Valyria di suo padre, per donarmela, per le nostre nozze.
Ovviamente quell’uomo mi odia ed ha giurato di farmela pagare, ma solo perché lui non ha ancora capito con chi ha a che fare. Non ha ancora capito chi sono io.
E’ ora che il Drago Nero torni a far sentire la sua voce.

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